“Restare da sola davanti alla mia nuova compagna, a
questa malattia che mi
aveva rubato l'anima, era per me, l'essenziale.
Isolarmi. Significava sbrogliare il filo di Arianna, significava documentarmi e poi scrutarmi allo
specchio. Non potevo affondare più di così; ero già seduta sul fondo della mia
vita. Mi arrabbiavo perchè non c'erano scappatoie, mi arrabbiavo per non
restare delusa perchè non potevo confrontarmi con nessuno, perchè le persone
erano menzogne imprigionate in corpi disseminati per la città. Non potevo
scambiare parole con persone sensate; non mi avrebbero ascoltata e quindi
capita. Per la maggior parte della gente, l'unica
cura per la depressione è mettersi davanti ad un giudice in camice bianco, che
lentamente ti condanna alla morte, se non a quella verbale e dell'anima,
somministrandoti medicinali o comunque blande gocce che ti consegnano alla
miseria di pensieri e di atteggiamenti. Diventi così un etichettato di una società
scomoda e maligna. Non avevo idea di come poter sconfiggere tutto questo, non
avevo per nulla idea di come riuscirci, ma nutrivo una grande fiducia in quella
donna che
guardavo allo specchio ogni qualvolta: mi ci trovavo.”
Dal mio ebook, in vendita qui.
"Il dio di tutte le cose"
Laura Sacchini