“Ascoltami, Giò: se tu non fossi abituata a catalogare
la gente secondo schemi banali, capiresti che anch’io ho avuto un uomo così. E
Dio sa se lo amavo: perché anch’io sentivo il bisogno di inventare Iddio in
terra, a costo di inventarlo in un piccolo uomo. E sopportavo tutto perché una
donna, dicevo, deve essere tale in umiltà e devozione. Ma chi è l’imbecille che
per primo fece questo discorso? Abbiamo due braccia e due gambe ed un naso ed
un cervello: come gli uomini. Ma fin da bambine ci sentiamo ripetere che
dobbiamo loro rispetto e ubbidienza. Perché? Abbiamo un ventre e desideri come
uomini. Ma loro possono fare ciò che vogliono appena nati e noi fino a sessant’anni
ci sentiamo ripetere che la verginità è il capitale più prezioso che una donna
possa portare ad un uomo. Perché?”
“Lo persi il piccolo uomo. E persi anche il mio
piccolo dio. Era il giorno di Pasqua e le campane suonavano, ed io pensavo che
quello era mio figlio e non avrei potuto averne mai più. E mi sentivo morire di
disperazione. Ma non dar retta; non si muore di disperazione. Con la
disperazione si mangia, si beve, si dorme, e una mattina ti alzi e ti accorgi
che la disperazione è finita e la cicatrice non si vede nemmeno.
Amare a vuoto è peccato mortale, e regalarsi a
qualcuno è delitto.”
Oriana Fallaci
"Scrittore"
dal suo libro: "Penelope alla Guerra"